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Cosa guardi in TV stasera? Un film bellissimo!

Aggiornamento: 2 ott 2022

C'è tanta spazzatura nel web e al cinema, ma ci sono anche film altamente ispirazionali, che emozionano profondamente e ci aprono il cuore.




Uno di questi è '13 vite' (diretto da Ron Howard) che racconta la storia vera del più grande salvataggio del mondo: quello dei 13 ragazzini intrappolati nelle grotte al nord della Thailandia. L'ho visto un po' di tempo fa e mi sono ripromessa di parlarvene perché, oltre ad essere girato benissimo, trasmette il vero spirito della cultura buddhista e dà prova del grande potere della meditazione.


Come sapete vivo in Thailandia la maggior parte dell'anno e, dallo Tsunami all'emergenza COVID19, ho avuto spesso modo di constatare come i thai sappiamo affrontare ogni dramma col sorriso sulle labbra e con una compostezza che per noi è inverosimile. Questa compostezza non viene, come alcuni pensano, da un'auto-censura nell'espressione delle emozioni bensì da un equilibrio interiore che è dato dall'intreccio tra consapevolezza dell'impermanenza di ogni cosa, senso di responsabilità per ciò che accade (è la mente che crea il disegno di tutte le cose, poi ci pensa il karma a materializzarle nel tempo) e rispetto per gli altri esseri senzienti e non senzienti.

I thailandesi ce l'hanno nel DNA culturale perché l'imprinting del buddhismo originario - molto meno pittoresco e trascendente di quello tibetano e molto meno money oriented di quello cinese - ha lasciato delle tracce indelebili, percepibili chiaramente ancora oggi.

Ebbene, nel film questi aspetti vengono fuori, e sono reali, liberi dalle connotazioni pittoresche (e volte grossolane) che caratterizzano invece la serie che Netflix ha dedicato allo stesso evento. Ron Howard è riuscito a rappresentare con maestria non solo il senso della compassione - concetto fondamentale nella psicofilosofia buddhista - ma anche una delicatezza degli animi che li rende allo stesso tempo umili e grandi, determinati ma flessibili, forti ma gentili.


E' commovente e assolutamente verosimile il comportamento dei ragazzini che, intrappolati al freddo e senza cibo per numerosi giorni, nell'aspettativa dei soccorritori dovevano essere morti. E invece vengono trovati vivi e vegeti, calmi, ancora in grado di alzarsi in pedi, inchinarsi ai sommozzatori e chiedere scusa per il pasticcio che hanno combinato. Alla domanda: come avete fatto a sopravvivere? Rispondono: <<Siamo una squadra e ci aiutiamo l'un l'altro. Inoltre, il coach ci ha fatto meditare>>

Ecco, questo è il punto: la meditazione non è faccenda per asceti, non si pratica sulla cima di una montagna per astrarsi dai tormenti del mondo: è la risorsa che consente di gestirli questi tormenti, senza angosce e senza troppo soffrire. Permette di restare calmi e - come suggerisce il coach nell'oscurità della grotta che potrebbe diventare la loro tomba - di osservare la propria mente e la propria paura, disidentificandosi con essa. Questa è mindfulness. Reca vantaggio in ogni difficoltà, perché aiuta a prendere le distanze, con gentilezza, dalle emozioni negative che, se non vengono lasciate andare, si auto-nutrono diventando devastanti. Nel caso di questi ragazzini intrappolati in una grotta in cui la percentuale d'ossigeno diminuiva costantemente, meditare ha consentito loro di ridurne il consumo. E di alleviare l'ansia che, bruciando energia sia mentale che fisica, non avrebbe permesso loro di sopravvivere in quelle condizioni per 3 settimane.




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